Il cielo nuovo e la terra nuova
Il Signore Dio disse allora: "Ecco l'uomo è diventato
come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche
dell'albero della vita, ne mangi e viva sempre!".
Il
Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto. Scacciò l'uomo e
pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all'albero
della vita. (Gen 3, 22-24)
Ora
Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e
condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb. L'angelo del Signore gli
apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva
nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: "Voglio
avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non
brucia?". Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal
roveto e disse: "Mosè, Mosè!". Rispose: "Eccomi!".
Riprese: "Non
avvicinarti! Togliti i sandali
dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!". (Esoso,
3-5)
E i suoi occhi erano una
fiamma di fuoco, e sul suo capo vi erano molti
diademi; e portava scritto un nome che nessuno conosce fuorché lui.
Era
vestito di una veste tinta di sangue, e il suo nome è: la Parola di Dio. (Apocalisse, 19,
12-13).
Molti sono i brani della Sacra Scrittura che
richiamano alla mia mente il fuoco. Mi domando cosa
significa quel fuoco. Un fuoco che pone un limite. Un fuoco che brucia senza
consumare.
Penso al fuoco
eterno dell’inferno, dove c’è pianto e stridore di denti. C’è freddo laggiù, il
freddo delle tenebre e dell’odio. Eppure c’è un fuoco inestinguibile. Lo stagno di fuoco. Fuoco che brucia senza
distruggere. E penso che quel fuoco rappresenti il Signore, il Creatore e il
Redentore, il Giudice giusto.
Il Signore
Gesù, il Risorto, il Dio con noi, regna sovrano anche nell’inferno: il suo
amore tormenta coloro che, pur lavati nel suo sangue, lo hanno rifiutato. Essi
sono risorti dai morti e resteranno per sempre, morti nell’anima.
Allora mi
domando: dove andranno questi risorti, allontanati dal Cristo, alla fine dei
tempi? I risorti beati sono la Gerusalemme nuova. Ma i risorti dannati? Sono
forse parte della Gerusalemme
celeste? Non penso. Ci sarà allora anche una Babilonia infernale?
Tutti gli uomini
risorti saranno davanti a Lui, un giorno, ed Egli li separerà e dirà “Venite,
benedetti” e “Via, lontano da me, maledetti”.
Ripercorro
nella preghiera e medito.
L’uomo, Adamo
ed Eva, e con loro tutto il genere umano, esce dal giardino dell’Eden per non
farvi mai più ritorno.
Esce per
ritornare a quel suolo da
cui è stato tratto e perché lo lavorasse. Quel suolo che solo, da ora in
poi, presterà parte di se stesso per i figli e le figlie, destinati a morire e
a ritornare polvere, di generazione in generazione.
Immagino il
dolore di Adamo ed Eva. Sanno che cosa lasciano: tutto l’universo infinito, le
stelle, le galassie, i pianeti, le comete, lo spazio e le energie del cosmo; il
tempo e lo spazio che avrebbero permesso l’immortalità; la civiltà cosmica,
ordinata e pacifica, basata sulla famiglia fondata dall’uomo che abbandona suo
padre e sua madre per unirsi alla sua donna; la generazione senza dolore e
senza morte; il passeggiare con Dio e gli Angeli lungo le vie del cosmo,
conoscendo e dando il nome alle profondità e all’altezza delle piante e degli
animali, dei cieli e dei mari, dei suoni e nei moti.
Ma Dio
non maledice e non abbandona l’uomo. Adamo ed Eva escono dal paradiso terrestre
con una promessa. Una Vergine concepirà e partorirà Colui che schiaccerà la
testa al serpente antico. Dio stesso moltiplicherà la discendenza umana ed Eva
è la madre di tutti i viventi.
Adamo ed Eva
escono dal paradiso terrestre e non vi faranno più ritorno.
Da allora fino
alla fine dei tempi, ogni figlio d’uomo nasce e muore su questo giardino del
Getzemani, che è il nostro pianeta. Polvere siamo e polvere ritorniamo. I
nostri corpi sembrano passare la materia ai corpi dei futuri, dopo avere
assunto quella dei passati.
Ma alla fine
dei tempi, che succederà?
Mi domando. Ma
oltre alla Gerusalemme celeste che scende dal
cielo, vi sarà anche la Babilonia infernale che
sale dall’abisso?
Come fichi che
si staccano e cadono dall’albero, le stelle precipiteranno su questa nostra terra per dare la loro materia alle anime dei morti,
che risorgeranno alla fine dei tempi.
Le anime verranno a riprendere il
loro corpo, per rivestirlo di immortalità.
I
nostri corpi, come grano seminato sulla terra, risorgeranno. I giusti per la
vita eterna e gli empi per la dannazione eterna.
Ora, mi chiedo.
I cieli e la terra nuova saranno abitati dai
giusti e anche dai reprobi? Il paradiso e l’inferno cosa avranno in comune?
Forse il fuoco? Fuoco che è calore, vita e luce eterna, in paradiso; e fuoco
inestinguibile, che tormenta e non consuma, nell’inferno? Come la nube luminosa
e tenebrosa insieme, come sulla riva del Mar Rosso?
I cieli nuovi e la terra nuova. Tali realtà sono come
in costruzione. Gesù ci ha detto: vado a prepararvi un posto. Come se quel
posto ora non sia ancora pronto. Il Signore, Creatore e Redentore, opera
sempre.
Mi
sembra che i segni dei cieli nuovi e della terra nuova siano già in qualche modo presenti su
questa nostra terra. Penso ai corpi di Gesù e di Maria in cielo; all’Eucarestia,
ai miracoli eucaristici, alle guarigioni miracolose, ai corpi incorrotti dei
santi, alle apparizioni della Madonna e dei Santi. Vediamo e tocchiamo in qualche modo i cieli nuovi.
E la terra nuova? Forse questa terra indica la terra su cui
è stato precipitato chi non ha trovato più posto in cielo?
Oppure l'universo nuovo, che parteciperà della felicità eterna dei beati e dei santi?
Non lo so. So però che la materia è buona e resta e resterà buona: "E Dio vide che era cosa buona".
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