I giardini.
Dall’Eden al Paradiso
passando per il Sepolcro.
(Cf. Gn 2)
Quando il
Signore Dio fece la terra e il cielo, nessun cespuglio campestre era sulla
terra, nessuna erba campestre era spuntata;
allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere
del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un
essere vivente.
Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden,
a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato.
Il
Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero
della conoscenza del bene e del
male. Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e
formava quattro corsi.
Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel
giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.
Pregando e contemplando penso.
Dio
plasma l’uomo e la donna con la polvere del suolo. Quella polvere che è nelle
stelle e nelle galassie, che è nello spazio dell’universo. Siamo polvere. La
nostra polvere è già anziana d’anni.
La
vita che è in noi è il soffio del nostro Creatore. E’ un soffio che crea una cosa nuova.
Ora siamo diventati esseri
viventi: ben più viventi dei cespugli e degli alberi, ben più viventi dei pesci
e degli uccelli, bel più viventi di tutti gli altri animali. Noi siamo vivi del
suo soffio divino: abbiamo un’anima individuale spirituale immortale.
Dio
coltiva e prepara per noi un piccolo giardino
e ci pone a custodia di quel giardino, perché facessimo poi nel tempo un
immenso meraviglioso potente giardino nello spazio illuminato dalle stelle e
palpitante di pianeti con esseri viventi. Come aveva fatto Lui, così avremmo
fatto noi, fatti a sua immagine e somiglianza.
Noi
davamo il nome ad ogni cosa, possedendo la conoscenza delle leggi e delle cose
per dominare e custodire tutto il creato.
Nostri
erano i cieli dell’universo, nostri tutti i pianeti pronti ad accoglierci,
nostri i sentieri della Via Lattea e di tutti le galassie, nostri i colori e le
potenze di tutto il creato. Nostra la musica e il silenzio. Nostro il movimento
e il riposo.
Nulla ci sarebbe stato ignoto di quanto Dio ci aveva resi custodi.
Eravamo
immortali anche nel corpo, perché ci saremmo nutriti dell’albero della vita, albero gradito alla vista e buono da mangiare.I
nostri figli avrebbero visto e toccato e conosciuto gli avi antichi viaggiando
nello spazio siderale dell’universo e nel tempo. Nostro era il tempo e nostro
lo spazio.
Mi
domando allora. E penso.
Questa conoscenza del bene e del male non è una conoscenza
divina. E’ rappresentata da un albero, fatto germogliare da Dio dal suolo.Dio,
Somma Sapienza e Somma Bontà, non ci nasconde nulla.
Noi conoscevamo il bene:
Dio passeggia nel giardino e parla con noi; i frutti degli alberi erano buoni,
tutto era buono. Conoscevamo gli angeli buoni, che governavano con noi
l’universo.
Ma
nella creazione era avvenuto il male. Chi è questo male, da cui Dio ci vuole
tenere lontano?
Ora preghiamo: “Padre Nostro, liberaci dal male, dal maligno”.
Ma
allora non conoscevamo il male, il maligno, colui che è il bugiardo e l’omicida
fin dal principio. Non conoscevamo la morte.
Quale morte? “Temete colui che ha
il potere di fare perire e l’anima e il corpo”.
“Altrimenti
morirete”. Di quale morte?
Il
serpente non conosce la nostra morte, la separazione dell’anima dal corpo.
Adamo ed Eva conoscevano la “morte” dei frutti e delle erbe, buoni da mangiare.
Forse anche gli animali "morivano", sazi di anni? Penso di sì.
Adamo ed Eva
sapevano che il loro corpo doveva nutrirsi dei frutti della vita per mantenere
immortale il loro corpo.
Ma
l’anima è immortale. La vita ricevuta dalla creatura angelica è immortale.
“Non
morirete affatto”.
Di quale morte? Il serpente sapeva che Dio ama e vuole la
sua creatura e che non annienta nulla di ciò che ha fatto, perché è cosa buona.
Dove
è il male, allora? Nella volontà, nel libero arbitrio della creatura razionale.
Prima nel serpente antico e poi in Adamo ed Eva e in tutti i loro figli
viventi.
Come
vincere la morte? La
nostra vita non viene dal suolo e non viene nemmeno dall’albero della vita,
germogliato dal suolo. La nostra anima è immortale.
Cosa
sarebbe successo poi? Senza la promessa del Salvatore e il battesimo nella fede
dei nostri Progenitori, cosa sarebbe accaduto di noi?
Certamente
non più immense città distese negli innumerevoli pianeti sparsi in tutto l’universo
per i figli di Adamo ed Eva. Non più sereni e pacifici incontri di culture e
popoli in tutto lo spazio del cosmo. Non più scambi d’amicizia tra generazioni
millenarie che con amore e cura preparano il futuro alla loro progenie. Non più
commercio con regole eque e in perenne crescita. Non più veloci e sereni viaggi
intergalattici e interstellari. Non più signori e padroni dell’universo.
Ma,
usciti dal giardino e relegati sul
pianeta Terra, avremmo riconsegnato a questa terra i nostri corpi di
generazione in generazione. Perché la morte ci era naturale, non potendo più
gustare il frutto del giardino dell’albero della vita. Ora la terra ci è nemica: freddo, caldo, terremoti, maremoti, carestie e pestilenze, morte. Non sappiamo dare il nome alle cose.
Il corpo ritorna ora alla terra.
Le
nostre anime immortali avrebbero soggiornato tutti i giorni avvenire, dopo la
morte, nell’Ade, negli Inferi, nel Limbo. Senza alcuna speranza, senza
resurrezione. In eterno nell’ombra della morte.
La
morte sarebbe stata comunque misericordia del nostro Creatore. Quale tremendo
inferno sarebbe stato lo spazio e il tempo, creati per noi, figli di Adamo e di
Eva. Quali guerre intergalattiche, atomiche, chimiche, planetarie. Sarebbe
stato un soffrire e far soffrire senza morire, senza poter morire. Il cosmo: un
carcere infinito, un inferno cosmico.
E mi domando.

Ora
preghiamo: “Padre nostro, che sei nei cieli, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”. La volontà.
“Non la mia volontà, ma la tua volontà sia fatta”.
Così in Gesù, Figlio di Dio
e figlio di Maria, anche noi tutti siamo morti e siamo stati sepolti nel giardino. Egli
è il primogenito di molti fratelli. Ritornerà.
Saremo con Lui nella Gerusalemme celeste, che scende dal cielo. Abiteremo i cieli nuovi e la terra nuova, perché il cielo e la terra di prima scompariranno.
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